di Simona Novara*
La prospettiva educativa secondo la Metodologia Feuerstein
Si è sempre sentito dire che “essere genitore è il mestiere più difficile del mondo”, ma in questo periodo storico è sicuramente diventato più complesso.
Nel mio lavoro quotidiano con i genitori di bambini e adolescenti, sento molto lo sconforto del non riuscire su vari aspetti educativi: far rispettare le regole, i tempi, le attese, ecc.
Inoltre, in questo periodo si sono dovute anche mutare le strategie educative, la pandemia ha reso più deboli e a volte più permissivi gli stili educativi che poi difficilmente riescono a ritornare ai modelli precedentemente adottati.
Questa situazione tende, a volte, a rendere i genitori disarmati rispetto ai comportamenti e alle risposte più idonee da dare ai propri figli che sono cambiati a causa dell’isolamento e che necessariamente obbligano il mondo degli adulti a mettere in campo e favorire strategie educative diverse.
Nella mia pratica di psicologa negli sportelli delle scuole (materna, primaria e secondaria di primo grado), ho potuto “sentire” questi disagi genitoriali.
In aiuto mi è ritornata la Metodologia Feuerstein, attraverso la teoria dell’Esperienza di Apprendimento Mediato. Questo metodo nasce per potenziare le abilità cognitive e pone al centro della sua teoria il mediatore come la persona responsabile dell’esperienza che il bambino, e poi adolescente, fa del mondo e che lo aiuta a sviluppare il suo potenziale di apprendimento.
Il primo mediatore è il genitore
Tutti i genitori mediano, spontaneamente talvolta, senza una vera e propria pianificazione.
Per rendere più incisivi e strategici gli interventi educativi lo stesso Feuerstein ha descritto 12 criteri, denominati Criteri di Mediazione, che caratterizzano l’Esperienza di Apprendimento Mediato e vengono in aiuto nei momenti in cui ci relazioniamo con i bambini e gli adolescenti.
In questa sede vorrei descrivere quelli che in questo periodo sento più importanti nelle dinamiche relazionali genitori-figli e a cui spesso faccio riferimento nella mia pratica:
Mediazione dell’Intenzionalità e Reciprocità
L’intenzionalità si riferisce alla propensione del genitore ad entrare in comunicazione con il proprio figlio, a rendersi disponibile per lui; la reciprocità si riferisce invece alla volontà del figlio di accettare questa interazione, sintonizzandosi con il comportamento del genitore.
Questa dinamica non è così semplice o banale perché alcune situazioni di incomprensioni o litigi non permettono questa connessione rendendo più difficile il legame e la comunicazione genitore-figlio. Inoltre, lo spazio e il tempo per un confronto può a volte non essere sufficiente.
Rendere esplicito il fatto di “esserci” per i propri figli, con le strategie più idonee del momento, può favorire l’altra parte ad accettare la relazione e ad “utilizzarla” secondo i propri bisogni.
Mediazione del Significato
Questo è un aspetto molto importante perché abitua il genitore a stimolare il proprio figlio nella ricerca della motivazione del suo agire. Questa modalità risulta importante soprattutto in situazioni di scarsa motivazione del proprio figlio rispetto ai diversi ambiti della sua vita (ad esempio scuola, socializzazione, tempo libero ecc).
Quindi è opportunità dei genitori riuscire a stimolare i propri figli trasmettendogli il desiderio di cercare il significato, il perché di comportamenti attivati o decisioni prese. Questa modalità può essere intesa come “l’anticamera” della responsabilizzazione del proprio agire.
Mediazione del senso di Competenza
Il sentimento di competenza è una componente importante dell’immagine di se stessi. La fiducia in se stessi è alla base delle modalità in cui ci si approccia alle richieste dell’ambiente esterno, la colonna portante dell’autostima.
Si nota come ultimamente vi siano molte situazioni di bambini o ragazzi con scarsa autostima, che tendono a non cimentarsi nei compiti perché li percepiscono troppo difficili per loro, con la conseguenza di rinunciare a delle opportunità, non perché non capaci ma per la percezione di non esserlo. La percezione della propria competenza è determinante anche nella decisione di assumere o non assumere certe responsabilità.
I genitori, anche in questo caso, hanno l’opportunità di favorire nei propri figli la costruzione di una buona immagine di sé attraverso delle strategie in cui si possano creare le condizioni per sperimentare il successo, ma anche di interpretare in modo positivo situazioni che hanno portato all’insuccesso, in modo da imparare a gestire le frustrazioni.
Mediazione della Sfida
Questo criterio ha l’obiettivo di abituare il genitore verso una forma educativa non improntata sull’iperprotezione. Infatti sembra essere molto importante che il genitore riesca a stimolare il proprio figlio verso le novità e le situazioni di complessità crescente per aiutarlo così a sviluppare la capacità di essere flessibile nell’affrontare gli imprevisti della quotidianità.
Il genitore, in questa situazione, sarà un valido supporto morale per superare eventuali situazioni di ansia, insicurezza o frustrazione che possono derivare dall’affrontare un compito nuovo e complesso.
Abituando i propri figli verso queste opportunità, si renderanno più sicuri e meno arrendevoli.
Mediazione dell’Alternativa Ottimistica
Personalmente credo moltissimo in questa forma di mediazione che crea le condizioni perché i bambini/ragazzi si abituino all’esistenza di un’alternativa ottimistica cioè nel credere nella possibilità di risolvere i problemi, superare gli ostacoli e rimediare ai difetti.
È comprensibile come la situazione attuale non favorisca sempre l’attivazione di un atteggiamento positivo e di apertura verso la soluzione di problematiche quotidiane. Ma è importante che il genitore sia sempre consapevole di qual è l‘obiettivo del suo atteggiamento, che in questo caso è abituare il proprio figlio a tenere la mente aperta per cercare nuove soluzioni. L’adesione a un’alternativa pessimistica, invece, può inibire l’attività cognitiva volta a trovare nuove soluzioni ai problemi o nuove modalità per affrontare le difficoltà.
Mediazione del Senso di Appartenenza
Questa mediazione si basa sulla necessità che il bambino/ragazzo si senta parte di un gruppo e quindi si basa sul legame emotivo dei membri che contribuiscono alla sua coesione.
In questo periodo i legami e le relazioni sono stati messi a dura prova; la mancanza di una scuola “in presenza” ha favorito forme di isolamento, ansia, paure e nuove dipendenze disfunzionali dagli adulti di riferimento. Per questo motivo sembra più “urgente” che i genitori si occupino di far sentire i propri figli risorse indispensabili della famiglia e che quindi si possano mettere in campo una serie di strategie per favorire la coesione al gruppo famiglia. Queste possono includere, ad esempio, il prendere tutti parte a una decisione comune oppure mostrare come risorsa la presenza di ogni componente della famiglia.
Aumentando e sostenendo la coesione familiare, potrebbe essere meno complesso affrontare situazioni relazionali esterne alla famiglia che attualmente risultano in sofferenza.
Questi criteri appena descritti sono degli utili suggerimenti per aiutare i genitori ad affrontare particolari situazioni di difficoltà a livello educativo ma, se interiorizzati, potrebbero contribuire a costruire uno stile educativo da utilizzare sempre.
Nella quotidianità del mio lavoro e anche nel mio “mestiere” di mamma mi tornano utili questi pilastri nel metodo Feuerstein, ricordando sempre che noi adulti, pur nei momenti di fragilità e difficoltà, possiamo e dobbiamo aiutare i bambini/ ragazzi a crescere, avendo sempre molta fiducia nelle nostre e nelle loro capacità (esempio di mediazione del sentimento di competenza).
* Simona Novara, Psicologa, Formatrice, Valutatrice e Applicatrice Metodo Feuerstein.
Opera da diversi anni nel settore della riabilitazione, è coordinatrice del Centro Clinico Prometeo di Spazio Aperto Servizi e svolge attività di consulenza psicologica all’interno degli sportelli scolastici (scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado).