Di Simona Novara*

Nel mio precedente approfondimento sulla mediazione in ambito genitoriale ho cercato di porre l’accento su quei criteri di base che potessero aiutare e sostenere il lavoro educativo e quotidiano sui propri figli. Questi “suggerimenti” provengono dal mondo della “Pedagogia della Mediazione “del Metodo Feuerstein, metodo concepito per potenziare le abilità cognitive delle persone.

La difficoltà educativa spinge noi che operiamo sul campo a riflettere su atteggiamenti e strategie che possono essere attuati per creare un buon clima educativo e soprattutto per stabilire o ristabilire una serenità familiare.

Bambini e ragazzi infatti stanno vivendo una quotidianità che è diventata più complessa rispetto a qualche tempo fa e ciò richiede agli adulti di mettere in campo ulteriore “energia” per supportare i propri figli. Ma questa energia da dove può essere presa? Il periodo è complesso anche per gli adulti ed è necessaria un’iniezione di fiducia e strategie utili per procedere in modo deciso ma flessibile.

Torno dunque a parlare dei “Criteri di Mediazione “a me molto cari, strategie dell’agire che non sono semplici interazioni perché hanno delle caratteristiche determinanti (Mediating Children’s Behavior Learning – L.H. Falik , 1996):
1. Pianificazione: abbiamo un obiettivo, qualcosa che vogliamo si realizzi;
2. Sistematicità: attiviamo la nostra interazione in modo pianificato, organizzato e orientato, cioè le nostre azioni devono essere consapevoli, ci organizziamo con gli interventi educativi, orientiamo il nostro comportamento in funzione della mediazione che vogliamo attivare;
3. Coerenza: usiamo le stesse tecniche negli stessi modi, per gli stessi comportamenti e le stesse situazioni per ottenere un preciso atteggiamento cognitivo;
4. Direzionalità: focalizziamo le nostre interazione per il raggiungimento di obiettivi e orientiamo le nostre risposte alla luce di questi;
5. Certezza del cambiamento: non desistiamo a mediare finché non vediamo il micro-cambiamento. L’obiettivo del nostro agire non viene modificato ma pazientemente raggiunto.

Questo elenco può apparire piuttosto difficile da mettere in pratica ma non è altro che una modalità teorica di sottolineare davvero un pensiero dietro una nostra azione che abbia la volontà di educare e di raggiungere un obiettivo.

Nella mia esperienza con i genitori sembra esserci la necessità di raggiungere “in poco tempo” l’obiettivo educativo, questo sia per la poca energia che si ha a disposizione, sia per il poco tempo, sia per la dose di pazienza che si deve “necessariamente” avere. Ma fin da subito è necessario far capire che solitamente le azioni educative hanno bisogno di diverso tempo e perseveranza per potersi dire concretamente soddisfatte.

Qui di seguito vi parlo di altri criteri di mediazione da poter iniziare a conoscere e magari mettere in pratica.

Mediazione della trascendenza

Trascendere significa “oltrepassare”, “superare”; questo criterio stimola il genitore ad effettuare generalizzazione rispetto al suo intervento educativo. L’interazione non è limitata all’attività immediata ma va al di là del qui e ora. Questa modalità stimola il genitore a fare molti esempi e molti collegamenti rispetto alla situazione che si sta vivendo.
Ad esempio se il genitore si mette nell’ottica di mediare un’attività pratica come quella di riordinare la propria camera, apparecchiare la tavola ecc., non sta solamente focalizzando l’attenzione sull’attività vera propria ma medierà anche su aspetti legati allo sviluppo della personalità del proprio bambino come: il senso di responsabilità, il sentimento di competenza, l’autonomia e l’indipendenza.
Questa attitudine abitua il genitore a pensare e dare un senso diverso e più alto delle attività educative che altrimenti tendono ad essere banalizzate.

Mediazione della condivisione

Questa mediazione esprime il desiderio e il bisogno di un individuo di uscire da se stesso per dirigersi verso la condivisione con gli altri come forma di partecipazione dell’esperienza. Il primo gruppo in cui si inizia a fare parte è quello della propria famiglia, è quindi in questo posto che è importante “allenare” la condivisione e trovare uno spazio per raccontarsi e raccontare la propria giornata, le proprie esperienze, ad esempio durante il pasto serale, ricordandosi che apparecchi tecnologici come cellulari, televisione, tablet, non facilitano questo scambio. Anche il partecipare alle attività familiari stimola la capacità di condividere, ad esempio occuparsi delle attività domestiche, progettare un viaggio.
Utilizzare questa mediazione con i propri figli ci aiuta a creare un terreno in cui si possa promuovere l’apertura verso l’altro, ascoltandone le idee e mediando quelle abilità sociali come la cooperazione e l’attesa del proprio turno, e contrastare atteggiamenti di egocentrismo o disinteresse verso l’altro piuttosto frequenti nella nostra società.

Mediazione dell’individuazione e della differenziazione psicologica

Questa mediazione è molto importante perché ha l’obiettivo di promuovere la parte dell’unicità di un bambino e creare i confini tra se stessi e gli altri, pone le basi per l’autonomia, la responsabilità individuale e incoraggia la differenza tra gli individui.
Questa modalità è più che mai attuale in un periodo in cui i nostri figli faticano a ritagliarsi una propria individualità e a separarsi dalla massa, mentre per la propria autostima e crescita psicologica è importante il sentimento di unicità. Noi genitori per promuovere questa mediazione possiamo mostrare rispetto verso i nostri figli, rispettare la loro dignità e aiutarli ad assumersi le proprie responsabilità.
Il processo di individuazione e differenziazione psicologica può subire un blocco in situazioni di eccessiva protezione da parte dei genitori oppure di avvio di una indipendenza prematura, dando responsabilità quando il bambino non è ancora pronto o non è stato sufficientemente stimolato per esserlo. Questa mediazione ci insegna che un bambino che ha potuto testare la sua unicità potrà sperimentare meglio la condivisione e lo stare con gli altri.

Mediazione della regolazione del controllo del comportamento

Sentiamo spesso dire che i bambini e ragazzi (spesso anche noi adulti) sono impulsivi e non riescono ad attendere in varie situazioni. Anche per queste modalità comportamentali è possibile, attraverso l’attività di mediazione, apprendere delle abitudini positive. È necessario imparare “come” reagire alle situazioni, “come” rispondere, sia che si tratti di agire sia che si tratti di fermarsi (quindi può essere utile sia nei casi di iperattività che di comportamento bloccato).
Per aiutare la regolazione del comportamento sarebbe utile creare un intervallo tra stimolo e risposta, abituare il controllo dell’impulsività per esempio dandosi del tempo per avere le necessarie informazioni per rispondere ad uno stimolo, posticipare una gratificazione abituando a non avere la percezione del tutto e subito.
Fine ultimo di questa mediazione è l’autoregolazione cioè la possibilità di sviluppare la capacità di controllare e regolare in autonomia il proprio comportamento.

Mediazione del comportamento di ricerca, pianificazione e raggiungimento dell’obiettivo

Questa mediazione si basa sulla necessità che il bambino/ragazzo sviluppi la capacità di scegliere un obiettivo e pianificare come realizzarlo. È “dovere” del mondo adulto sottolineare l’importanza di attivare questa modalità comportamentale per far comprendere come dietro ad ogni meta sussistono delle tappe da raggiungere, che è meglio prevedere in anticipo per organizzare strategie ed energie necessarie. Può essere rivolto sia alla soluzione di un problema sia, in senso generale, alla consapevolezza dei propri bisogni e desideri.

La vera forza di questi criteri di mediazione è legata a quanto si crede in essi e alla perseveranza con cui li si utilizza. Sono tutte modalità comportamentali che dovremmo decidere consapevolmente di mettere in atto, in relazione a degli obiettivi precisi, stando molto attenti a non abbatterci dinnanzi alle difficoltà che sicuramente si presenteranno.

La mediazione secondo l’interpretazione del Prof. Reuven Feuestein ha un obiettivo fondamentale: l’AUTOMEDIAZIONE, cioè far sì che i bambini/ragazzi a cui è destinata siano poi capaci di farcela da soli in modo autonomo con sempre minor apporto del mondo adulto.
L’autonomia e la competenza del saper fare da soli li aiuterà nella crescita: questo sarà il miglior premio che noi genitori potremmo ottenere!


* Simona Novara, Psicologa, Formatrice, Valutatrice e Applicatrice Metodo Feuerstein. Opera da diversi anni nel settore della riabilitazione, è coordinatrice del Centro Clinico Prometeo di Spazio Aperto Servizi e svolge attività di consulenza psicologica all’interno degli sportelli scolastici (scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado).