Di Yuri Benaglio
Operatore presso il Centro Sammartini

Oggi raccontiamo la storia del signor Mario (nome di fantasia), 64 anni e residente a Milano.
Quartogenito di una famiglia sarda di otto figli, ha interrotto gli studi prima di conseguire la terza media per andare a lavorare come magazziniere. A quindici anni ha fatto la sua prima esperienza in carcere, di otto giorni, per furto. A diciassette anni ha raggiunto lo zio e il fratello, entrambi imbianchini in provincia di Milano. A Milano ha frequentato anche lui un corso da imbianchino, professione che ha praticato per circa un anno e mezzo. Successivamente, tramite un altro fratello e il cognato, entrambi nella ristorazione, ha iniziato a lavorare come cameriere e poi come barista.
Nel 1983, a venticinque anni, ha fatto altri tre anni e mezzo di carcere per spaccio. Altri nove anni, dal 1988 al 1997, sempre per spaccio. Una volta uscito dal carcere con l’obbligo di firma, ha deciso di trasferirsi dai genitori nel luogo in cui è cresciuto: una cittadina medievale a nord-ovest di Cagliari.
Nel 1999 è tornato a Milano, dove ha sempre alternato periodi in strada ad altri a casa di amici.

Conosciamo il signor Mario a fine 2020, quando per la prima volta si reca presso il nostro servizio sorretto da due stampelle.
Lo accompagniamo in una delle nostre strutture ordinarie, di quelle aperte h24 e tutto l’anno, a causa delle difficoltà di deambulazione e di un percorso di riabilitazione motoria in previsione. Il caso del signore viene seguito dalla nostra assistente sociale Sandrine.

Sandrine inizia a muoversi segnalando la situazione del signore ai servizi sociali del Municipio 5, dove Mario è residente, e al Noa, servizio specializzato nella dipendenza da alcool. Il percorso con il Noa è gratificante per il signor Mario, che apprezza soprattutto i colloqui di gruppo come momento di confronto condiviso.

Sandrine, tra le altre cose, inizia a ragionare con lui sulla possibilità di tornare in Sardegna per riunirsi con la famiglia. Sono scelte sensibili che toccano la sfera privata della persona, il suo passato e i suoi ricordi: Sandrine lo sa bene e ventila questa ipotesi con estrema dolcezza.

Dopo circa sei mesi di accoglienza in struttura, però, il signor Mario ha la prima ricaduta. Ad agosto dello scorso anno, infatti, si rende irraggiungibile per due mesi. Torna a ottobre, in non ottime condizioni, raccontandoci di aver abbandonato la struttura dopo essersi riavvicinato a una vecchia conoscenza dipendente dall’alcool. Ha ricominciato a bere e a dormire in strada, nei pressi di piazzale Brescia, saltando anche alcuni appuntamenti con il Noa. In strada ha esaurito tutti i suoi risparmi regalando spesso da bere agli altri.

Il 6 ottobre, però, succede qualcosa. Al mattino il fratello minore, che vive in Sardegna nella casa ereditata da tutti i fratelli dopo la morte dei genitori, lo contatta implorando di farsi aiutare. La sera, mentre beveva sulla sua panchina, si è sentito male ed è stato soccorso da un ragazzo che ha provato a farlo ragionare sulle conseguenze negative dell’abuso di alcool. Dal giorno successivo smette di bere, va a farsi una doccia nel suo centro diurno di riferimento, e ci ricontatta. Sandrine lo reinserisce in struttura.

La nostra assistente sociale lo accompagna e segue per tutte le procedure relative alla riabilitazione e alle visite mediche annesse. Le chiedo di raccontarmi un aneddoto. “Un giorno gli ho chiesto di comprarsi un’agenda per segnare le date di tutti i vari controlli da effettuare. Mi ha risposto che non ne aveva bisogno perché ha un’ottima memoria”.

I mesi passano tra visite, gli appuntamenti con il Noa, i colloqui con Sandrine e le ore trascorse nel centro diurno dove ama fare il bucato. Ad agosto di quest’anno, nel corso di un nuovo colloquio con Sandrine, il signor Mario le confida di non stare bene psicologicamente e di non trovarsi bene in struttura perché i nuovi compagni di stanza “non puliscono e non aerano la stanza in modo adeguato”. Poi sparisce, una seconda volta.

Abbiamo di nuovo sue notizie dopo circa tre settimane, quando viene ricoverato per pancreatite (dovuta all’abuso notevole di alcool) al San Carlo. A questo punto Sandrine chiede un confronto con i medici dell’ospedale e con il signor Mario per riprendere il discorso sul ritorno in Sardegna. Lei ha sempre saputo che l’unica opzione percorribile, e potenzialmente risolutiva, fosse il ritorno nei luoghi dell’infanzia e in compagnia della famiglia, ma il signore aveva sempre mostrato qualche resistenza. Questa volta, a seguito del confronto, Mario accetta con convinzione il trasferimento. Sandrine contatta dunque il fratello minore del signore, che vive nella casa ereditata da tutti i figli a seguito della morte dei genitori e che si rende disponibile a riabbracciare il nostro Mario.

Mario è là da circa tre settimane e si trova benissimo. Ha chiamato Sandrine proprio tre giorni fa. Ha smesso di bere in autonomia e al momento non sente minimamente l’esigenza di ricominciare a farlo, ma non esclude di rivolgersi a un servizio specialistico anche in Sardegna casomai ne avrà bisogno. Ha già spostato la residenza a casa del fratello e trascorre le sue giornate in piena serenità. Va spesso in montagna a fare una passeggiata, avendo pienamente recuperato la condizione fisica a seguito della riabilitazione, e fa le pulizie di casa con la consueta passione, mentre il fratello-cuoco prepara pietanze succulente. Sandrine è raggiante: “Sono contenta per lui, è finito tutto al meglio. È un tesoro”.