A. compie gli anni oggi. E il miglior regalo per il suo cinquantunesimo compleanno se lo è fatto da solo.
Nato e cresciuto in una città di mare, Genova, arriva a Milano l’8 luglio 2017, presentandosi due giorni dopo al Centro Sammartini. Molto sospettoso, teme che i suoi dati anagrafici vengano diffusi. Chiede dunque un colloquio più riservato per poter approfondire la sua situazione. Lo rassicuriamo.
Il signore ricostruisce, con la nostra assistente sociale Martina, la sua vita in maniera confusa. I legami ormai assenti con la madre (che vive in Toscana con il compagno) e con la sorella, il passato lavorativo come pescatore indipendente, la salute. E sull’aspetto della salute A. ci apre un mondo: dopo aver scoperto dieci anni fa di avere l’Hiv, la sua vita è lentamente scivolata verso il fondo. Familiari e colleghi lo avrebbero infatti progressivamente allontanato ed è arrivato a vendere la barca per cui aveva acceso un mutuo da 70.000 euro, ormai convinto della sua bassa aspettativa di vita. La dipendenza da gioco e un tentato suicidio (con abuso di farmaci) hanno alimentato un buco nero da cui sembrava quasi impossibile risollevarsi.
Ma il suo obiettivo è sempre stato trovare lavoro: “Non riesco a stare senza fare niente, ho bisogno di sentirmi utile” ci ha raccontato. Viene così accolto in un dormitorio e iniziamo ad aiutarlo nella stesura di un curriculum.
Segnaliamo il suo profilo a un centro diurno cittadino, dove il signore può trascorrere le giornate. Il centro diurno lo incontra e accetta di supportarlo nell’invio dei curriculum e nei servizi di prima necessità (come guardaroba e lavatrici) a patto che il signore si prenda cura di sé. Ma non basta un incontro di gruppo perché sono i mesi in cui A. rinuncia ad assumere la terapia (che poi riprenderà) ed è disposto a perdere l’aiuto proposto dal centro pur di non proseguire con le cure.
Per A. la priorità, lo ripete come un mantra, è un’altra: la ricerca del lavoro. Nel 2018 torna in Liguria lavorando presso una cooperativa come venditore al mercato del pesce, di lui si perdono un po’ le tracce.
Si ripresenta a dicembre 2020, dopo aver lavorato fino a novembre a La Spezia come pescatore, per chiedere un posto letto. Viene inserito in un dormitorio del Piano Freddo e dopo poco, in considerazione di un’accentuata fragilità sanitaria e psicologica, viene inserito in una struttura di accoglienza aperta H24 e tutto l’anno. Viene preso in carico da un’altra nostra assistente sociale, Cecilia (Martina non lavora più con noi). Gli obiettivi sono presto identificati: segnalazione al Celav per ricerca lavoro, percorso psicologico, Isee, attivazione RDC.
Ma A. si attiva anche da solo e fa centro: trova lavoro a La Spezia con contratto indeterminato stagionale. Ora dirige il timone di un’imbarcazione-peschereccio. Ha lasciato il nostro dormitorio e si è rimesso in gioco. È stato anche, con sorpresa di tutti, ricontattato dalla madre e invitato a tornare a casa a Firenze nella casa di proprietà ereditata dal marito. Pezzo dopo pezzo, quel buco nero si è fatto un po’ più blu, come il colore di quel mare tra le cui onde ha lavorato per una vita intera e a cui sempre ritornerà.
Cecilia glielo diceva sempre: “Se puoi, vai. Hai sempre fatto il pescatore, quella è la tua vita. Quello è il tuo mondo”.