Vi avevamo promesso un viaggio attraverso le storie delle persone arrivate al Centro Aiuto Stazione Centrale (CASC) alla ricerca di un posto letto.
Oggi vi parliamo di cinque ragazzi, arrivati dall’Africa, che a Milano, grazie agli operatori del CASC e a un solido lavoro di rete, più che un posto letto hanno raggiunto una vera e propria autonomia di vita.
Parliamo di cinque giovanissimi, che avrebbero potuto perdersi. E che invece ce l’hanno fatta.
I. arriva in Italia nel 2015, via mare, dalla Libia. È inserito in una comunità MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati) fino al compimento dei 18 anni. Nel 2016 arriva a Milano ma, non trovando lavoro, si trasferisce a Foggia dove raccoglie (sottopagato) pomodori per tre mesi. Poi torna a Milano e raggiunge il CASC nel dicembre 2016, ad appena 18 anni. Viene ospitato per il Piano Freddo invernale in alcune strutture del Comune di Milano. Sperimenta la strada, ogni tanto riappare. A giugno del 2017 viene inserito nella struttura d’accoglienza di via Lombroso. È nato in Guinea.
S. arriva al CASC nell’agosto del 2018. Ha 20 anni, è da poco uscito da un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) di Ragusa. Ha un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ci racconta che un conoscente del CAS lo aveva invitato a raggiungerlo in Belgio promettendogli un posto letto. Una volta arrivato, però, l’amico si è reso irreperibile e S. ha dormito in strada per poi fare ritorno in Italia. Qui si è accontentato di ripari di fortuna come il pronto soccorso e la metropolitana. Viene inserito nel dormitorio di via Lombroso. È nato in Guinea, come I., e come I. è un ex MSNA.
M. arriva al CASC nell’aprile del 2018, a 24 anni. A seguito di una crisi psicotica, all’interno del CAS di Milano in cui era accolto si rende protagonista di un episodio violento e viene espulso. Il ragazzo è affetto da epilessia, assume numerose medicine ed è seguito da una psichiatra. Riferisce di essere arrivato in Italia nel 2016: qui non ha familiari, i genitori e i fratelli vivono tutti in Guinea. Viene accolto nella struttura d’accoglienza di via Lombroso.
Sa. arriva al CASC nel maggio 2018. Ha anche lui 20 anni, è reduce da un CAS in Sardegna. Si presenta con carta d’identità di Ulà Tirso, provincia di Oristano. Ha anche lui un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Inizia a lavorare come pastore, per poi arrivare a Milano per la ricerca di un lavoro più attinente alle sue capacità e ambizioni. Dopo tre notti passate in strada viene inserito nella struttura d’accoglienza di Lombroso. È nato, come I., come S. e come M., in Guinea. Come I. e come S. è un ex MSNA.
N. arriva al CASC il giorno del suo diciottesimo compleanno, nel marzo del 2018. Ormai ex minore straniero non accompagnato, è in dimissione dalla struttura in cui era ospitato. Si presenta a noi educato e un po’ spaventato. Viene inserito nella struttura d’accoglienza. È nato in Senegal.
Quattro di loro sono nati in Guinea, quattro di loro sono ex minori stranieri non accompagnati sbarcati in Italia senza alcun aggancio. Caratteristiche comuni: un buon motivo per radunarli in un’unica struttura d’accoglienza, quella di via Lombroso, su intuizione della nostra assistente sociale Barbara.
Beatrice, un’altra assistente sociale del CASC, all’epoca lavorava proprio in via Lombroso. Ci spiega: “Lombroso non era una struttura d’accoglienza classica. Erano case prefabbricate, con servizi all’esterno, inserite in un contesto complesso e affollato. Solo la forza umana ci ha consentito di costruire passi sostanziosi verso l’autonomia”. Grazie a un confronto costante con Barbara, il percorso di questi cinque ragazzi viene instradato al meglio. Beatrice li segue da vicino, in dormitorio, Barbara è la figura di riferimento del CASC. Un lavoro, il loro, complementare.
I cinque ragazzi diventano amici e si attivano da subito per cercare un lavoro. I. viene assunto come giardiniere a Trezzano sul Naviglio con un contratto di apprendistato. S. trova lavoro come magazziniere da Gucci. M. inizia una borsa lavoro come panettiere. Sa. inizia a lavorare per una ditta di smistamento rifiuti. N. viene assunto come metalmeccanico.
Barbara e Beatrice decidono così di segnalarli per degli appartamenti, un contesto più adeguato nell’ottica di indirizzarli verso una completa autonomia. Nel giro di pochi mesi, grazie a una costante attività di monitoraggio, viene per loro attivato un piano di risparmio economico necessario per barcamenarsi con discreta tranquillità nel mercato degli affitti privati.
Oggi I. vive in affitto in condivisione con un amico e collega, così come S.
Sa. è in questo momento bloccato in Guinea (causa emergenza coronavirus) dove è tornato per il rinnovo del passaporto, ma anche lui ha trovato su Milano una sistemazione.
N. vive nella bergamasca con alcuni colleghi.
M. è l’unico ancora fermo in struttura, ma ha rinnovato il permesso di soggiorno e ha un contratto a tempo indeterminato. È pronto a uscire, il suo percorso si è solo temporaneamente inceppato per via del covid: a breve troverà una soluzione autonoma con un collega. Le parole della nostra Barbara non lasciano spazio a dubbi: “Da quando è entrato in appartamento, grazie alla nostra segnalazione, è cambiato tanto. Ha iniziato a reggere lo sguardo, ad aprirsi di più. Era il più fragile, ma è anche quello che ha fatto più progressi. È una soddisfazione, se ci ripenso mi viene la pelle d’oca”.
C’è stato un periodo in cui i cinque ragazzi hanno pensato di cercare una casa tutti assieme, in condivisione.
Con i vari luoghi di lavoro un po’ distanti gli uni dagli altri, l’idea si è poi arenata.
Ma si sentono (e si vedono) ancora.
Alcuni di loro telefonano ancora oggi al CASC per parlare con Beatrice e Barbara. E per ringraziarle.