Cecilia è una delle tante persone che, con l’esplosione della pandemia, ha risposto al nostro appello di reclutamento volontari e ha lavorato al fianco dei nostri operatori presso il centro sportivo Saini di Milano, trasformato in ricovero provvisorio per ospitare 160 persone senza dimora provenienti da Casa Jannacci con l’obiettivo di prevenire la diffusione del contagio e tutelare la salute dei più fragili.

Questa la sua testimonianza.

Mi chiamo Cecilia e sono una volontaria della cooperativa Spazio Aperto Servizi, che a Milano si prende cura delle persone più fragili. Conosco Spazio Aperto Servizi da tanto tempo, ma sono diventata volontaria solo quest’anno.

Erano i primi giorni di lockdown e mi sentivo impotente davanti all’emergenza che ci stava travolgendo. Il fatto di non esserne direttamente impattata – lavoravo comodamente da casa e tutte le persone intorno a me stavano bene – mi faceva sentire privilegiata e mi spingeva a voler rendermi utile.

Quando ho saputo che Spazio Aperto Servizi era alla ricerca di volontari ho dato subito la mia disponibilità. La cooperativa dal 2018 gestisce Casa Jannacci in Viale Ortles, la struttura pubblica d’accoglienza per senza dimora più grande d’Europa di proprietà del Comune di Milano.

Questo è un ambito che mi è particolarmente caro. Dal 2015 mi occupo di educativa di strada per persone senza dimora, ed è stata proprio una di loro a invitarmi per la prima volta a Casa Jannacci un paio di anni fa, per la presentazione di un libro in cui veniva raccontata anche la sua storia.

Casa Enzo Jannacci, allo scoppio dell’emergenza sanitaria, accoglieva oltre 500 persone, un numero maggiore rispetto all’ordinario per garantire a tutti un letto e un pasto caldo durante le giornate invernali più rigide. Come adesso, eravamo infatti in pieno Piano anti Freddo, l’insieme degli interventi attivati ogni anno da novembre ad aprile per aiutare le persone senza dimora ad affrontare l’emergenza freddo.

Ma a marzo di quest’anno nessuno aveva fatto i conti con la pandemia. In pochissimi giorni la necessità di garantire il distanziamento sociale ha portato all’allestimento tempestivo di due strutture temporanee per poter alleggerire Casa Jannacci: il Centro Sportivo Saini, dove sono state trasferite 160 persone e lo Scalo Romana, con 70 persone accolte.

Io ero al Saini e ricordo bene il fermento degli operatori di Spazio Aperto Servizi e della Protezione Civile. Un lavoro incredibile. Non c’era tempo da perdere, bisognava allestire brande, tavoli, panche, sanificare ripetutamente gli ambienti: spogliatoi adibiti a camere da letto, bagni, mensa. Servivano mascherine, guanti, gel disinfettante, coperte, vestiti pesanti. Il lavoro di rete è stato straordinario.

Io, insieme ad altri volontari, ho supportato gli operatori nella gestione della mensa, allestita sotto il tendone dei campi da tennis. Eravamo divisi in gruppi: chi al mattino per la preparazione del pranzo, chi al pomeriggio per la cena e l’allestimento della colazione della mattina seguente. Ogni mattina arrivavano le monoporzioni per tutti i pasti del giorno, che dovevamo sistemare nei frigoriferi. All’ora del pranzo o della cena le scaldavamo per poi disporle su un lungo tavolo.

Le persone accolte, divise in più turni e rigorosamente distanziate in fila, potevano prendere quello che preferivano. Non c’era alcun contatto diretto per via dei protocolli, ma ci parlavamo da dietro la mascherina. Alle volte però era sufficiente uno sguardo per rimpicciolire quella distanza che in quei giorni eravamo costretti a mantenere. Uno degli ospiti, mentre gli servivo il pasto, una sera mi ha detto “Lo vedo che mi stai sorridendo, lo dicono i tuoi occhi!”.

Ricordo i pacchi di caffè, tè, dolci e poi ancora coperte che tanti cittadini hanno donato rispondendo all’appello di Spazio Aperto Servizi.

Siamo andati avanti per settimane – io andavo tutti i weekend – Pasqua e ponti compresi: al Saini, in Scalo Romana e naturalmente in Casa Jannacci. Nessuno si è tirato indietro, tutti abbiamo fatto rete.

È bello essere parte di questa squadra che non si ferma mai. Ho conosciuto persone e ascoltato racconti straordinari: storie di vita di operatori che in passato hanno avuto bisogno loro stessi di una casa e di essere accolti. Passati da Casa Jannacci prima di diventare lavoratori per Spazio Aperto Servizi.”