Con la riapertura, i bambini dell’asilo nido “Papaveri e papere” di Pieve Emanuele hanno trovato una bellissima sorpresa: un giardino tutto nuovo realizzato con materiali naturali e di recupero, pensati e organizzati per sostenere le esplorazioni e le scoperte senza predeterminarle e rendere così l’esperienza all’aria aperta piacevole e arricchente.

L’ambiente esterno, outdoor, diventa contesto educante che consente ai nostri piccoli esploratori di esprimere e potenziare le competenze cognitive, motorie, sociali ed emotive e riveste un ruolo fondamentale all’interno dei nostri servizi all’infanzia, in continuità con l’educazione indoor.

La pedagogista Simona Vigoni ci spiega il perché.

Un’aula a cielo aperto

Nessun confine tra il dentro e il fuori nei nostri servizi all’infanzia, ma luoghi capaci di contaminarsi, dialogare, rispecchiarsi e potenziarsi a vicenda grazie ad un processo di osmosi implementato dalle equipe educative, sostenuto da un percorso formativo voluto dalla Direzione e svoltosi ad inizio anno, coltivato nella quotidianità insieme ai bambini e alle famiglie.

Quali esperienze possibili offre la vita all’aperto? E come può, la quotidiana abitudine di uscire in giardino, sostenere i processi di apprendimento e le occasioni di relazione per i bambini?

I contesti esterni supportano esperienze dirette ed impreviste, accendono stupore e curiosità e quindi aumentano la capacità di attenzione, promuovono la dimensione del rischio, offrono la possibilità di misurarsi con la complessità della realtà, nutrono l’immaginazione e la capacità di problem solving, favoriscono il benessere psicofisico, costituiscono una buona difesa contro le malattie.

La natura è una vera e propria “aula” di apprendimento diretto, fonte di stimolazione sensoriale ed emozionale, luogo di esplorazione e di ricerca, miniera educativa, ecosistema nel quale osservare direttamente processi, troppo spesso solo letti e sfogliati sui banchi di scuola. E l’attenzione, la cura, il rispetto, l’affiliazione, la tensione ad interessarsi e a salvaguardare il pianeta nascono dal vivere quotidianamente il fuori, non solo come occasione di puro “sfogo” motorio, ma come necessità per nutrire e alimentare il nostro sopito istinto biofilico.

La natura offre esperienze artistiche e apprendimenti scientifici e matematici (raccolte, catalogazioni, seriazioni, esperienza del ciclo), consente l’acquisizione di competenze motorie grazie alle asperità e ai dislivelli del terreno, alla possibilità di arrampicarsi, salire, scendere, saltare, correre ed è il luogo ideale per immersioni di socialità e occasioni di cooperazione fra bambini per la progettazione e la costruzione di un rifugio, la ricerca di alcuni dettagli, lo studio delle forme e dei colori.

Passeggiare nel verde, arrampicarsi, correre, coltivare un orto, osservare la vita che palpita nella corteccia di un albero, sono esperienze che possiedono un denominatore comune: quello di ri-connettersi con madre-terra per coltivare identità ecologiche, capaci di meravigliarsi dell’incanto che la natura è capace di regalarci ogni giorno.

Ma quale fuori?

Un’area interamente strutturata incanala il gioco spontaneo del bambino in attività ripetitive, programmate e scelte dall’adulto: i bambini amano i luoghi indeterminati, sostano alla ricerca di particolari che l’occhio distratto dell’adulto a volte non coglie, si meravigliano per un plotone di formiche che trasporta briciole lasciate dalla merenda consumata in giardino. Centri di interesse con fazzoletti di terra da coltivare, un angolo che si presta a funzioni simboliche come una cucina di fango, un arrampicatoio, una biblioteca di materiali naturali (legni, sassi, foglie raccolte, radici), cassette, copertoni, alcuni attrezzi e poi semplicemente e naturalmente cielo, aria e verde.

Tra i vari attrezzi da lavoro spuntano carriole, elemento mediatore tra indoor e outdoor, capaci di trasportare oggetti e materiali tra il dentro e il fuori e di contenere elementi naturali, esemplari raccolti che si offrono, nel dentro, ad essere indagati, esplorati attraverso i linguaggi dei bambini: i contesti di grafica, materici e di costruttività, quelli immersivi digitali ospitano i reperti raccolti, arricchendo le ricerche e le domande dei bambini che trovano risposte concrete nelle loro mani.

E l’adulto?

I contesti esterni, meno formali delle aule interne, facilitano altre posture che sono sicuramente funzionali a sostenere i processi di apprendimento dei bambini. L’educatore si fa “antropologo”, osserva e studia il fare dei bambini, prende nota, si fa “ricercatore”, si interroga e fa domande, studia processi e fenomeni, arricchisce il suo vocabolario, le sue conoscenze e rilancia sulla base delle osservazioni fatte. L’educatore si fa “regista”, predisponendo, nelle aule interne, contesti in grado di ospitare le raccolte e le varietà portate dai bambini e offre strumenti con i quali le indagini possono proseguire e approfondirsi.

Sono le recenti ricerche, è la comunità scientifica, sono le esperienze pregresse promosse dalle grandi figure della pedagogia italiana (basti pensare a Maria Montessori, alle sorelle Agazzi e a Giuseppina Pizzigoni) e non solo italiana, sono i pediatri e le ultime indicazioni emanate dalle autorità sanitarie in merito all’emergenza Covid a richiamarci a ridefinire il ruolo della vita all’aperto nella progettazione educativa e didattica dei servizi all’infanzia. Non possiamo, né vogliamo sottrarci a questa chiamata.