EDUCAZIONE E SPAZI URBANI: AL VIA LA SPERIMENTAZIONE A MILANO PER GARANTIRE UN’AZIONE EDUCATIVA DIFFUSA

Sull’inizio del nuovo anno scolastico permangono molti dubbi. Tra ingressi scaglionati, lezioni a distanza per le scuole superiori e orari ridotti la scuola cambia forma e ci consegna un quadro incerto che impatta su molti fattori. Gli spazi per la didattica non sono sufficienti per gestire le attività nel rispetto del distanziamento sociale, ma per molti studenti anche lo spazio virtuale si è rivelato inaccessibile, non solo per mancanza dei dispositivi, ma anche per la difficoltà a codificare il loro uso per scopi diversi da quelli cui sono abituati. Anche i tempi sono stravolti: si impone la necessità di rivedere il piano degli orari della scuola uno degli ingranaggi fondamentali che consente l’organizzazione della società. E in ultimo le relazioni che sono da ripensare con strumenti e modalità nuove.

Di fronte a questo scenario, come possono essere ripensati spazi e tempi della relazione educativa e sociale?
Noi di Spazio Aperto Servizi lanciamo la campagna #spazioaibambini, identificando delle azioni, a partire dal ripensamento degli spazi scolastici e urbani, per rendere l’educazione più inclusiva.

Le città in cui viviamo devono poter essere vissute dai bambini, dagli adulti e dagli anziani. Gli spazi esterni devono essere accessibili e riprogettati in collaborazione con i bambini stessi. Un prezioso aiuto potrebbe venire inoltre dall’apertura degli spazi privati: i cortili, i teatri, gli spazi aziendali possono assumere nuove funzioni ed essere messi a disposizione per attività educative e sociali.

Occorre inoltre pensare a un’azione educativa diffusa (non ancorata alla prestazione e all’erogazione di servizi codificati) e alla valorizzazione anche del volontariato per promuovere azioni di prossimità relazionale, compatibili con il distanziamento fisico. Spesso la possibilità di distribuire l’azione educativa e l’insegnamento in spazi diversi si scontra con il limite della mancanza di risorse umane o con i limiti della sostenibilità economica. I volontari possono essere una tra le risorse in questo senso – se opportunamente formati – facendosi garanti del sostegno ai bambini durante l’apprendimento fuori dall’aula.

In ultimo occorre pensare azioni orientate a sostenere la funzione educativa dello spazio virtuale. Sebbene il digitale rappresenti lo strumento più innovativo, il rischio è di utilizzarlo per proporre un modello di didattica basato sulla mera trasmissione di contenuti e informazioni senza cogliere l’opportunità che questa fase ci offre per rileggere i modelli di apprendimento.

Proprio dalle scuole inizia la prima azione a sostegno delle famiglie messa in campo da noi di SAS, con la possibilità di offrire centri estivi ad oltre 900 bambini dai 3 ai 14 anni nell’area metropolitana di Milano, a partire dal 15 giugno, all’interno degli spazi scolastici messi a disposizione sul territorio valorizzando le attività all’aperto e mettendo al centro l’azione educativa con lo scopo di riattivare i legami con le famiglie e i bambini.

Una risposta concreta ai bisogni delle famiglie, emersi da tre rilevazioni condotte nell’area metropolitana nel mese di maggio, 604 i genitori che hanno compilato il questionario. La maggior parte delle famiglie (il 70%) ritiene utile poter usufruire di un servizio educativo estivo per i propri figli. Alla domanda “Quali attività ritieni possano essere utili/fondamentali nelle giornate dei tuoi bambini” i genitori mettono al primo posto “la vita all’aperto”, ma sottolineano molto “la socializzazione” (il 65%).

Il 60% dei genitori dichiara di aver bisogno dei servizi di conciliazione estivi per l’intera giornata (dalle 8 alle 16). Infine i dati sulla difficoltà principale riscontrata nel lockdown rispetto alla conciliazione: per 1 genitore su 2 al primo posto c’è lo “smartworking con i figli a casa”, seguito da “didattica a distanza” e “impossibilità di conciliare lavoro e cura dei figli.

Rispetto allo 0/3 in attesa delle linee guida nazionali e regionali, stiamo lavorando per riaprire i giardini e le aree esterne dei 6 nidi d’infanzia e micronidi che gestiamo, con l’obiettivo sostenere i bisogni delle famiglie nel loro ruolo educativo e di cura, rispondendo alla domanda educativa e di socialità e riprendendo il filo relazionale che si è interrotto con i bambini. Aprendo gli spazi esterni dei nidi sarà possibile mettere a disposizione delle famiglie con bambini piccoli spazi pubblici protetti e meno affollati dei parchi pubblici, dove gli educatori (provvisti dei necessari DPI e mantenendo il distanziamento sociale come da indicazioni del Ministero della Salute) potranno accogliere le famiglie in microgruppi (che accedono su prenotazione), verificando il corretto utilizzo degli spazi esterni e delle attrezzature, saranno disponibili al confronto su temi educativi, attivando misure di contrasto all’isolamento sociale e sosterranno i nuclei familiari in situazione di maggior fragilità.

All’interno dei luoghi dove siamo già presenti stiamo mappando alcuni spazi e aree che possano permettere una prima sperimentazione per un’azione educativa diffusa – spiega la nostra presidente Maria Grazia Campese. Il bisogno fondamentale che riportano le famiglie è recuperare spazi di socialità e conciliare lavoro-vita familiare. Per questo ci siamo subito attivati per poter garantire anche quest’anno attività ricreative estive: partiamo da qui per prepararci al prossimo anno scolastico. A causa del lungo periodo di chiusura delle scuole e delle conseguenti difficoltà di adempiere a distanza ai bisogni educativi dei bambini, i centri diurni estivi si ritrovano di fronte, quest’anno, al difficile compito non solo di assistere e integrare i processi formativi dell’attività scolastica, ma anche di riaprire i bambini alla socializzazione, supplendo a una scolarizzazione interrotta o comunque fortemente rallentata dall’emergenza pandemica; il tutto, per di più, in un contesto di regole radicalmente diverso rispetto a quelle che hanno lasciato, insieme alla scuola, qualche mese fa.

Ma il diritto all’educazione è un’opportunità che non può e non deve essere negata a nessuno. Non possiamo perciò prescindere dal confronto e dal dialogo con le istituzioni: ci sono ancora lacune e nodi da sciogliere, come ad esempio sulla fascia 0-3. Dobbiamo inoltre poter rendere accessibili gli interventi a favore delle famiglie e dei bambini, e questo passa dalla possibilità di attivare forme di sostegno, affinché l’impatto sulle stesse non crei ulteriori disuguaglianze o addirittura l’impossibilità all’accesso ai servizi loro dedicati, considerando che le misure restrittive rendono molto più onerosa l’organizzazione delle attività. L’obiettivo condiviso deve essere promuovere accessibilità e inclusione.”