Oggi, 23 ottobre, ricorre il centenario della nascita di Gianni Rodari, maestro, giornalista, scrittore.

Inventore fantasioso di filastrocche e di racconti, per l’insieme della sua opera, ottenne nel 1970 il Premio “Hans Christian Andersen”, definito il Nobel della letteratura infantile.

Le sue opere, con giochi di parole e situazioni esilaranti, sono moderne e attuali e contribuiscono ancora oggi a educare la mente dei più piccoli.

La pedagogista Simona Vigoni, ci spiega il perché.

 

L’arte di inventare storie

La fiaba per Rodari rappresentava un modo per entrare nella realtà attraverso strade nuove, una possibilità per aiutare il bambino a conoscere il mondo, a nutrire la sua mente di immagini e parole capaci di comporsi, scomporsi e ricomporsi trasformandosi sempre in nuovi significati.

Giocava con le parole fino a stravolgere il senso del discorso contribuendo ad alimentare nei bambini la fantasia e la capacità di trovare soluzioni lontano dagli schematismi del mondo adulto.

In un’intervista fatta da una bambina alla domanda: “Signor Rodari, preferisce le storie che finiscono bene o che finiscono male?” lui rispose: “Preferisco che non finiscano, preferisco che quelli che leggono le finiscano come vogliono loro, preferisco le storie con un punto interrogativo così che i bambini possano inventarsi qualche cosa. Tocca a loro finirla.”

Rimaneggiare le storie significa coinvolgere i bambini a pieno titolo nella lettura facendoli diventare protagonisti attivi esercitando la mente a diventare aperta, critica, flessibile e creativa.

 

Il piacere dell’apprendimento e l’allenamento all’immaginazione

Vicino ai surrealisti, Rodari, con esercizi della fantasia, invenzioni e giochi di parole, rime baciate, immagini e filastrocche, era capace di parlare ai bambini del mondo vero: “si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre” disse in occasione della cerimonia del Premio Andersen.

E non c’è miglior campo per l’apprendimento del bambino che quello generato dal piacere, dal divertimento, dalla possibilità di essere protagonista attivo e motivato dall’interesse personale.

Rodari si batteva affinché il gioco e gli esercizi di immaginazione non rimanessero relegati nell’ambito dello svago, proprio perché convinto del fatto che fossero dimensioni fondamentali per lo sviluppo dei bambini. Dall’immaginazione alla creatività il passo è breve se la mente è allenata.

“La creatività è pensiero divergente, cioè capace di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza”, ed “è creativa una mente sempre al lavoro, sempre a fare domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, […] capace di giudizi autonomi e indipendenti (anche dal padre, dal professore e dalla società) […] che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi”. (La grammatica della fantasia introduzione all’arte di inventare storie. G.Rodari. Einaudi, 1973).

 

Il valore degli errori

Le sue storie e le sue poesie piacciono a tutti, grandi e bambini, perché sono semplici e immediate, ma sono anche ricche di ideali e valori che ancora oggi possono essere un punto di riferimento per i genitori e le nuove generazioni. Tra i valori citiamo quello che, con un capovolgimento del pensiero, Rodari ritiene un passo importante nel processo di apprendimento dei bambini: l’errore, così tanto temuto e giudicato da tanta parte del mondo scolastico.

Grandissimo estimatore degli errori, credeva nel loro potere in quanto catalizzatori di fantasia e di grandi scoperte.

“Da a un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l’apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia. Se un bambino scrive nel suo quaderno «l’ago di Garda», ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?” (La grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie. G.Rodari. Einaudi, 1973).

Quindi l’errore come strumento in grado di aprire possibilità, l’inciampo come generatore di nuove invenzioni e creazioni autonome, per rompere gli schemi dell’esperienza, l’errore che fa ridere perché ridere dell’errore è anche un modo per distaccarsene e per alleviare la paura di sbagliare. Questa lezione dovrebbe essere recepita oggi più mai, da tutti i genitori e da tutti i maestri, che, spesso, attraverso il rimprovero e il giudizio costante rischiano di tarpare il desiderio di conoscenza dei bambini.

 

Storie per tutti, piccoli e grandi

A chi gli chiedeva come volesse che i suoi libri fossero letti Rodari rispondeva così: “In famiglia, prima di tutto: tra genitori e figli vorrei arrivare come un compagno di giochi, come uno che tiene vivo un dialogo, che aiuta a guardare il mondo e ad amare la vita”.

Il pianeta degli alberi di Natale, le Filastrocche in cielo e in terra, Il libro degli errori, Fiabe lunghe un sorriso, sono solo alcuni dei suoi capolavori che dovrebbero ancora trovarsi nelle nostre case per essere letti insieme ai nostri bambini.

Tra gli appassionati delle sue opere, non manca chi, le considera libri tout court, capitati quasi solo per caso nello scaffale della letteratura infantile.
Le Favole al telefono sono un esempio: è un libro che gli adulti potrebbero usare come guida per inventare storie a loro volta e per arricchire il linguaggio e la conoscenza dei loro bambini.

E a proposito di conoscenza lasciamo spazio alle sue illuminanti parole che la misurano non dal quantitativo di informazioni che una persona possiede, ma nell’instancabile desiderio di curiosità che alimenta la ricerca del sapere.

“Al bambino non possiamo consegnare l’oceano un secchiello alla volta però gli possiamo insegnare a nuotare nell’oceano e allora andrà fin dove le sue forze lo porteranno, poi inventerà una barca e navigherà con la barca, poi con la nave (…) Dobbiamo cioè consegnare degli strumenti culturali. La conoscenza non è una quantità è una ricerca. Non dobbiamo dare ai bambini delle quantità di sapere, ma degli strumenti per ricercare, degli strumenti culturali perché lui crei, spinga la sua ricerca fin dove può, poi certamente toccherà sempre a noi spingerlo più in là e aiutarlo ad affinare i suoi strumenti.” (La grammatica della fantasia introduzione all’arte di inventare storie. G. Rodari. Einaudi, 1973).

Dunque un bambino che ricerca, un adulto che sostiene. Buone invenzioni a tutti!