L’ingresso di una mamma o di un papà in carcere rappresenta uno spartiacque: da una parte la quotidianità familiare conosciuta e, dall’altra, l’assenza improvvisa di uno dei genitori e la necessità di trovare risposta alle molte domande e un nuovo equilibrio.
“C’è un percorso che sia il bambino sia la famiglia devono attraversare, fatto da difficoltà ad orientarsi, da rabbia, paure e desiderio di non perdere pezzi del proprio mondo, per quanto assai imperfetto sia. Ed è questo che facciamo da 15 anni all’interno degli istituti di pena in cui siamo presenti: accompagnare le famiglie che vivono l’esperienza detentiva, salvaguardando innanzitutto il diritto del bambino a mantenere il legame con il proprio genitore, a sentirsi protetto e rassicurato.”
Con queste parole Maria Grazia Campese, presidente di Spazio Aperto Servizi racconta l’impegno della cooperativa che oggi festeggia il 15° anno del progetto “Genitorialità in Carcere”, un percorso di sostegno a situazioni familiari di particolare fragilità e a cui lavorano psicopedagogisti, psicoterapeuti, criminologi, mediatori familiari con una lunga esperienza negli istituti di pena e con una specifica formazione.
Un importante anniversario per il programma, attualmente attivo nelle case di reclusione di Opera e Bollate e nella casa circondariale di San Vittore, che vide la luce proprio nel 2005 grazie al sostegno e alla lungimiranza dell’allora Direttrice del Carcere di Bollate e di alcuni operatori di Spazio Aperto Servizi che hanno iniziato a sperimentare nuove modalità per accompagnare le relazioni tra i figli e i papà e/o le mamme detenute.
Il progetto “Genitorialità in Carcere” si rivolge a nuclei familiari attraversati dall’esperienza detentiva con l’attenzione a rendere tale esperienza più sostenibile per i minori coinvolti. L’intervento si avvale di psicologi che seguono, attraverso percorsi di sostegno, il genitore detenuto, creando un ponte con il figlio, la famiglia ed eventuali servizi territoriali, al fine di ricreare e/o sostenere la relazione genitoriale, anche attraverso il supporto durante le visite familiari.
Dal carcere di Bollate 15 anni fa è nata l’idea della “Casetta”, una stanza accogliente, arredata con divano, cucina, tavolo, giochi per permettere alle famiglie di incontrarsi in un ambiente più “familiare” delle asettiche sale-colloqui delle carceri.
“La stanza è costruita con attenzione, la stessa che si dedicherebbe alla disposizione della propria casa. All’interno si svolgono dei colloqui molto speciali, durante i quali è possibile ritrovare o sperimentare in maniera inedita dei momenti di naturale quotidianità come sedersi insieme sul divano, leggere un libro, condividere un gioco, mangiare insieme, funzionali alla possibilità di costruire o rinsaldare il legame genitoriale” – spiegano Teresa Di Stefano e Alessia Valentini, entrambe Funzionario Giuridico Pedagogico della C.R. Bollate
“L’idea è nata 15 anni fa dopo una visita nelle sale colloqui e nella ludoteca della Casa di Reclusione di Bollate dove tante famiglie in contemporanea si incontravano settimanalmente con i propri cari – racconta Barbara Moretti, criminologa clinica, referente dell’Area Carcere di Spazio Aperto Servizi e una delle prime operatrici del progetto. Come era possibile creare una situazione di intimità, tranquillità e complicità tra i bambini e i loro genitori nonostante la carcerazione? Per questo è stata pensata quella che viene definita colloquialmente la “casetta”, un luogo all’interno dell’Istituto ideato perché ciascuna famiglia abbia uno spazio privilegiato di incontro. E quello è stato solo l’inizio di un lungo viaggio che dura da 15 anni a favore dei genitori detenuti e del benessere dei loro bambini!”
Come spiega Daniela Ambrosi, psicologa, psicoterapeuta coordinatrice del Progetto C.R. Bollate e C.C San Vittore, negli anni sono aumentati gli interventi a sostegno delle famiglie da parte dall’equipe dell’Area Carcere di Spazio Aperto Servizi, favorendo la costituzione di un virtuoso lavoro di rete con i servizi del territorio nell’ottica di una più globale presa in carico dei nuclei famigliari ed un più accurato inserimento sociale.
La conferma arriva anche da chi è stato beneficiario di questo progetto.
“Gli interventi di supporto alla genitorialità mi sono stati molto utili soprattutto perché in quei momenti uno ha bisogno di confrontarsi e di parlare dei propri problemi e voi avete fatto parte di questo mio percorso. Mi avete aiutato a capire meglio il mio ruolo come papà nel rapporto con i miei figli e a capire come parlare con loro e come parlare con i servizi. Poter vedere i miei figli dentro al carcere è stato bello perché era da tanto che non capitava ed è stato bello poterli incontrare in uno spazio curato che sembra una casa” testimonia M.C, un ex detenuto.