Da “ally” a “deadnaming” fino a “coming out of the closet”: il potere del linguaggio per l’inclusione

In occasione della Giornata Internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia e la bifobia, Babbel, in collaborazione con Spazio Aperto Servizi, invita a riflettere sul legame tra inclusione e linguaggio al fine di sensibilizzare sul peso delle proprie parole

La discriminazione e la stereotipizzazione interessano ancora oggi i membri della comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo. Non mancano le ricerche che documentano gli ultimi sviluppi sul tema in Italia: secondo il 77% degli italiani, le persone transgender subiscono discriminazioni[1] e in alcune delle 48 manifestazioni Pride che si sono tenute in Italia tra aprile e settembre 2022, i partecipanti sono stati vittime di violente aggressioni[2]. Il linguaggio è uno strumento potente che può alimentare sentimenti di omofobia e transfobia ed è pertanto necessario aumentare la consapevolezza dell’importanza delle parole per favorire la tutela dei diritti di tuttɜ.

 In occasione della Giornata Internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia e la bifobia che ricorre il 17 maggio, e in vista del mese di giugno dedicato al Pride, Babbel, l’ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue, insieme a Spazio Aperto Servizi, che ha promosso in collaborazione con il Comune di Milano la nascita del progetto Casa Arcobaleno, riflettono sul legame tra inclusione e linguaggio al fine di sensibilizzare sul peso delle proprie parole.

“Le rivendicazioni per l’inclusione di genere e per i diritti della comunità LGBTQIA+ passano anche attraverso l’uso quotidiano che facciamo della lingua. Le parole nel dibattito contemporaneo hanno il peso di definire e di etichettare il mondo, ma dovrebbero avere soprattutto il potere di riconoscere e includere, motivo per cui noi di Babbel ci prendiamo molta cura dei nostri contenuti” afferma Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Creator di Babbel.

“Ogni giorno ci impegniamo per combattere ogni forma di discriminazione e affinché i diritti di tuttɜ siano riconosciuti e tutelati, innanzitutto il diritto di essere se stessɜ. Casa Arcobaleno è un luogo di protezione, ma anche di ripartenza. Per poter davvero riprendere in mano la propria vita ogni persona deve sentirsi libera di esprimersi, essere riconosciuta per quello che è, poter essere chiamata, per esempio, con il nome che ha scelto per sé. Per questo è nata Casa Arcobaleno: per dare rifugio e opportunità a tuttɜ lɜ giovanɜ che dopo essersi dichiaratɜ si ritrovano solɜ, senza famiglia, per dare un segnale concreto contro l’odio e le discriminazioni, per costruire una società equa e libera, a partire dalle parole e dall’uso che se ne fa. Ringraziamo Babbel per averci coinvolto in questa iniziativa che siamo certi possa contribuire a diffondere una cultura dell’inclusione” dichiara Maria Grazia Campese, presidente di Spazio Aperto Servizi.

Da “LGBTQIA+” a “Schwa”, l’ABC dell’inclusione

Se da un lato il linguaggio evolve nel tempo con i cambiamenti sociali, dall’altro lato il nostro modo di agire e di pensare possono essere fortemente influenzati dalle parole. Per questo motivo, è di fondamentale importanza conoscere, comprendere ed utilizzare in modo appropriato il vocabolario della comunità LGBTQIA+ per rispettare e valorizzare tutte le diversità di orientamento sessuale e di genere.

  • LGBTQIA+: si tratta di un acronimo che vuole includere tutte le persone che non si riconoscono in un orientamento eterosessuale e/o non si identificano come cisgender (ossia coloro la cui identità di genere corrisponde con il sesso biologico assegnato alla nascita). La sigla comprende: lesbiche, gay, bisessuali (coloro che sono attratti da uomini e donne), transgender (coloro che vivono un’incongruenza di genere rispetto al sesso biologico assegnato alla nascita, traducendosi in alcuni casi in un percorso di affermazione del genere cui sentono di appartenere), queer o questioning (l’aggettivo inglese “queer”, che letteralmente significa “curioso, stravagante, bizzarro”, è utilizzato per descrivere le  persone “fluide” dal punto di vista del genere e dell’orientamento sessuale; la parola “questioning”, invece, identifica coloro che sono in una fase di esplorazione e di sperimentazione, alla ricerca della propria identità di genere e del proprio orientamento sessuale e/o romantico), intersex (si tratta di una condizione poco nota che contraddistingue le persone i cui cromosomi e caratteri sessuali appartengono sia al sesso femminile che al sesso maschile), asessuali e/o aromantici e/o agender (gli asessuali sono coloro che non provano attrazione sessuale verso nessun genere o solamente in caso di una forte intesa emotiva, mentre gli aromantici non sono interessati a relazioni romantiche; le persone “agender” trascendono la concezione di genere e desiderano essere considerati solamente come delle persone). Con il “+” finale di questa sigla si inseriscono in questa comunità dalle mille sfaccettature tutte le identità non eteronormative, includendo così un ampio spettro di variazioni di genere e orientamenti sessuali.
  • Non-binary: le identità non binarie, dette anche “enby”, si identificano al di fuori del sistema binario che prevede una divisione rigida delle persone in due generi corrispondenti al sesso biologico (maschile e femminile). Possono appartenere a due o più generi, contemporaneamente o separatamente (come, per esempio, le persone “pangender” che si identificano in tutti i generi) oppure a nessun genere (come, le persone “agender”).
  • Ally: si utilizza questa parola, traducibile in italiano come “alleato”, per riferirsi a chi, pur non facendo parte della comunità LGBTQIA+, combatte nella propria quotidianità contro le discriminazioni, gli abusi e i pregiudizi che colpiscono ancora le persone che non si identificano nel sistema eteronormativo binario. In un mondo ancora caratterizzato dall’eterosessimo, le persone non cis-gender sono spesso denigrate, stigmatizzate e rifiutate e da qui deriva l’importanza del ruolo degli alleati che supportano le lotte della comunità LGBTQIA+, vincendo l’indifferenza di fronte alle violenze di genere e diffondendo l’importanza dell’inclusività a partire, per esempio, dal linguaggio. È bene precisare che l’essere alleati non costituisce un’identità, bensì una presa di posizione che richiede consapevolezza dei propri privilegi e del proprio potere di influenza, e la conseguente necessità di intraprendere azioni concrete a supporto della comunità LGBTQIA+.
  • AFAB e AMAB: acronimi della frase inglese “assigned female at birth” (“sesso femminile assegnato alla nascita”) e “assigned male at birth” (“sesso maschile assegnato alla nascita”) si riferiscono alla definizione del sesso biologico da parte dei medici, sulla base di criteri come il patrimonio genetico e gli organi genitali. Le persone transgender che non si sentono di appartenere alla categoria stabilita si definiscono con gli acronimi CAFAB o CAMAB (“coercively assigned female at birth” o “coercively assigned male at birth”) dove il termine “coercively” si può tradurre con “forzato”, in quanto il sesso di appartenenza non è stato scelto dai soggetti coinvolti e non viene percepito come proprio.
  • MTF e FTM: le abbreviazioni per “male to female” (“da maschio a femmina”) e “female to male” (“da femmina a maschio”) vengono utilizzate per identificare le persone transgender binarie. Si tratta di acronimi meno utilizzati rispetto ad AFAB e AMAB perché presuppongono il passaggio tra solo due possibili generi, escludendo così, per esempio, le identità non binarie o agender.
  • Deadnaming: costituito dalle parole inglesi per “chiamare” e “morto/a”, si tratta dell’atto profondamente offensivo di riferirsi alle persone transgender, binarie e non binarie, con il nome assegnato alla nascita. Va differenziato rispetto alla pratica del “misgendering” (letteralmente “assegnare un genere sbagliato”) che consiste nell’attribuzione di un genere errato puramente basato sull’apparenza esterna e nel conseguente utilizzo di pronomi scorretti. Secondo alcuni studi condotti sull’argomento, chiedere alle persone quali pronomi preferiscano usare o chiamarle con i nomi da loro scelti può significativamente ridurre il rischio di depressione e suicidio, specialmente tra i giovani.
  • Xenogender: coniato su Tumblr nel 2014, è un termine ombrello che ruota attorno al concetto di “alieno, estraneo” (dall’antico greco “ξένος” che significa “straniero, non standard, strano”) e genere (“gender” in inglese). Si utilizza, soprattutto per soggetti giovanissimi per fare riferimento a identità non binarie che non riescono a riconoscersi in un genere specifico, alla stregua di come si fa con piante, oggetti, animali o concetti che non vengono considerati in relazione al genere (secondo il Worldwide Gender Census[3] circa lo 0.4% della popolazione mondiale è xenino).
  • Two-spirit: i “two spirit” (traducibile come “i due spiriti”) sono individui nativi dell’America Settentrionale che racchiudono tratti femminili e maschili, oltre a caratteristiche uniche della propria identità. Per numerosi popoli nativi, le persone nascono con un genere neutro e solamente nel tempo scelgono la propria identità di genere: pertanto, chi ha due spiriti all’interno di un solo corpo è un dono speciale per la comunità al punto da essere considerati meritevoli di uno status speciale all’interno della società. Occorre specificare che non sempre questo termine, sebbene sia una parola ombrello, sia inclusivo dell’ampio spettro di visioni in termini di identità delle culture native, molto differenti tra di loro, ma è bene sottolineare l’importanza dei “two-spirit” nelle culture native americane.
  • Fare coming out, ​​in the closet e fare outing: sebbene possano risultare simili, queste tre espressioni inglesi rappresentano realtà molto diverse. La prima (traducibile come “uscire allo scoperto”), indica la decisione di dichiarare pubblicamente il proprio orientamento sessuale e/o la propria identità di genere. Al contrario, l’“essere nell’armadio” (“be in the closet”) è usato per descrivere chi non si è ancora aperto alle persone della propria vita (famigliari, amici, colleghi) in merito alla propria identità di genere e/o al proprio orientamento sessuale (e di conseguenza, non è ancora “uscito dall’armadio” – l’espressione completa sarebbe “coming out of the closet”). A tal proposito, si possono individuare due possibili origini alla base di questa espressione. La prima, sembrerebbe risalire agli inizi del XX secolo, più specificatamente all’ingresso in società delle donne tramite la partecipazione a balli delle debuttanti; all’epoca il “closet” era la camera da letto, l’unico luogo dove era concesso alle persone (e ancora di più alle donne) di esprimere la propria sessualità. Un’altra possibilità è che il termine si sia diffuso nel corso degli anni ‘70 con la metafora degli “scheletri nell’armadio”, ossia l’avere segreti non rilevati riguardo l’identità di genere e/o orientamento sessuale. In questo contesto, fare “coming out” significa lasciar uscire uno “scheletro” dall’armadio. Infine, fare “outing” indica la pratica scorretta di rivelare l’identità di genere e/o l’orientamento sessuale senza l’approvazione dei diretti interessati. Sebbene possa anche essere non intenzionale, è un gesto di violazione della privacy altrui che può avere conseguenze non di poco conto sulla salute mentale e fisica così come sulla condizione economica delle persone.
  • Schwa e gender-neutral: il simbolo schwa (“ə”) è familiare ai linguisti e si trova nell’alfabeto fonetico internazionale per indicare la corretta pronuncia delle lingue del mondo. L’origine etimologica di questo simbolo potrebbe risalire alla parola ebraica “shav” (“niente”) e oggi viene impiegato in fonetica per identificare una vocale intermedia, “neutra”; motivo per cui nel linguaggio contemporaneo si utilizza come soluzione alternativa al cosiddetto “binarismo di genere” (maschio o femmina) per includere qualsiasi tipologia di genere in un discorso. Si collega strettamente al tema della “gender-neutrality”, concetto per cui nelle varie componenti della società (dal linguaggio alle istituzioni) si dovrebbe evitare di definire i ruoli in base al genere o al sesso degli individui.

[1] Ipsos Global Advisor Survey: LGBT+ PRIDE 2023
[2] Ilga Europe: Review annuale del 2023 sulla situazione dei diritti umani di lesbiche, gay, persone bisex, trans e intersex in Europa e Asia Centrale
[3] Gender Census 2019: Worldwide Report